Geolocalizzare il bene aziendale è un diritto del datore di lavoro che lo può esercitare con il fine di tutelare il patrimonio aziendale.
Se dal trattamento dei dati scaturiti dalla geolocalizzazione del bene emerge che il lavoratore utilizza il bene aziendale (nel caso di specie trattasi di autovettura aziendale) per scopi “altri” rispetto agli incarichi affidati e fuori dal perimetro di affidamento, le risultanze che ne derivano, possono essere utilizzate legittimamente per giustificare il licenziamento del lavoratore.
Con la sentenza n. 2044 del 12 ottobre 2015, la Corte di Cassazione ha affronta il tema della legittimità dei controlli difensivi effettuati dal datore di lavoro nei confronti del lavoratore, da un lato, con l’ausilio di agenzie investigative, e dall’altro, attraverso il trattamento dei dati forniti dal sistema GPS (global positioning sistem) installato sull’auto aziendale concessa in uso al collaboratore per l’espletamento dei doveri contrattuali.
In questa circostanza, i Giudici, alimentando quel filone giurisprudenziale che ritiene lecito il controllo difensivo svolto dalla società al fine di individuare i comportamenti del lavoratore lesivi del patrimonio e dell’immagine aziendale, dichiarano legittimo il licenziamento del lavoratore che viene “geolocalizzato” ad intrattenersi al bar, in locali di tavola calda o comunque fuori della zona di attività dell’impresa, per conversare, ridere o scherzare con i colleghi durante l’orario di lavoro.
Ricordiamo che i controlli a distanza sugli impianti, finalizzati alla vigilanza sulla prestazione lavorativa, continuano ad essere sempre vietati, ad esclusione del caso in cui, con un’autorizzazione sindacale o amministrativa, le apparecchiature tecnologiche installate siano dirette a organizzare il lavoro e/o garantirne la sicurezza.
Per i controlli a distanza sugli strumenti di lavoro, invece, è sufficiente garantire il rispetto della riservatezza secondo le norme generali dell’ordinamento.