Facciamo chiarezza su cosa si può fare e cosa no per svolgere regolarmente l’attività di affittacamere nella Regione Marche.
L’attività di “dare in uso camere a terzi” può essere svolta:
Quando l’attività è svolta in modo “occasionale”, avvalendosi della normale organizzazione familiare per periodi non continuativi che non superino complessivamente i 335 giorni l'anno da comunicarsi all'inizio di ogni semestre, il privato non deve richiedere la partita iva. Il privato non potrà recuperare l’iva ed i costi sulle spese di gestione. Gli incassi realizzati dovranno essere dichiarati come una locazione immobiliare, ossia come reddito di fabbricati, senza detrarre alcuna spesa, e su questi va applicata l’aliquota Irpef dal 23% al 43%.
Quando l’attività, invece, è svolta in modo “non occasionale”, il privato diventa impresa e dovrà richiedere partita iva. In questo caso è consigliabile utilizzare il regime dei forfettari, consentito fino al ricavo annuo max di € 80.000. Tale regime può essere adottato solo da imprese individuali per varie agevolazioni, tra cui:
Per la Regione Marche gli esercizi di affittacamere sono:
“[…] strutture composte da non più di sei camere destinate a clienti con una capacità ricettiva complessiva non superiore a dodici posti letto, ubicate in non più di due appartamenti ammobiliati di uno stesso stabile, nelle quali è fornito alloggio” (Legge Regione Marche n.9 del 11/07/2006, art. 26)
Gli affittacamere devono assicurare i seguenti servizi minimi di ospitalità, compresi nel prezzo dell’alloggio:
Per quanto riguarda il servizio di prima colazione, è bene sapere che, a differenza dei Bed & Breakfast, solo gli affittacamere gestiti in forma imprenditoriale possono fornire tale servizio, ma solo dopo che il titolare abbia conseguito la certificazione HACCP per la somministrazione di cibi e bevande.
Per saperne di più sull’attività di affittacamere nelle Marche, riportiamo di seguito la normativa regionale e il vademecum per l’apertura delle strutture ricettive: